Nel cuore della Toscana, a circa 25 km a sud-ovest di Siena nel comune di Chiusdino, sorge l’Abazzia di San Galgano.
Fondata dai monaci cistercensi nel medioevo, ad oggi dell’abbazia è rimasto solo lo scheletro ed è priva del tetto, ma continua a mantenere un aspetto imponente, ricco di fascino e mistero anche grazie alla presenza a pochi passi dal monastero, della Spada nella Roccia.
Se avete deciso di trascorrere una vacanza in Toscana, vi consigliamo quindi di dedicare un pò di tempo alla visita di questo incantevole luogo immerso nella natura della Valle Del Merse.
Per rendere la vostra visita all’Abbazia di San Galgano e alla Spada nella Roccia ancora più interessante, leggete l’articolo e troverete la storia, i miti, le leggende su San Galgano e sulla Spada nella Roccia.
Inoltre tutte le informazioni utili per visitare il luogo, come le indicazioni per raggiungere San Galgano, gli orari di visita, dove e cosa mangiare e dove parcheggiare. Buon proseguimento.
Sommario:
- Storia e curiosità su San Galgano
- Come era San Galgano e come è oggi
- La Spada nella Roccia
- San Galgano e Spada nella Roccia orari
- Come raggiungere San Galgano
La storia dell’Abbazia di San Galgano
San Galgano è stato il primo monastero fondato dai monaci cistercensi in Toscana. Monaci che arrivati nella regione da Chiaravalle e, presi sotto la propria protezione dall’imperatore Enrico VI.
Presumibilmente fù il vescovo di Volterra Ildebrando dei conti Pannocchieschi nel 1201, ad invitare i monaci dell’ordine a fondare a pochi chilometri da Chiusdino, all’epoca appartenente alla diocesi di Volterra, il monastero.
Edificazione dedicata a Galgàno Guidotti detto Galgano da Chiusdino, cavaliere toscano che dopo aver trascorso una vita violenta, fuori dalle regole e piena di vizi, decide di dire basta a tutto questo. Alle fine del XII secolo si reca nei boschi di Montesiepi vicini a Chiusdino ed inzia la vita da eremita.
Inoltre l’Abbazia sarebbe servita come punto di controllo per coloro che volevano accedere alla Valle del Merse.
I monaci di San Galgano vengono sostenuti fortemente nella loro opera, dal cardinale Stefano da Ceccano, uno dei più influenti ecclesiasti di inzio XIII secolo, anche lui appartenente all’ordine dei cistercensi.
Il completamento dell’abbazia richiese molti anni di duro lavoro. I monaci la realizzarono seguendo i loro rigidi criteri di costruzione, utilizzando con grande maestria materiali quali, travertino e mattoni. Da un documento dell’Archivio di Stato di Siena, risulta che il cantiere per la costruzione del complesso ecclesiastico, risale al 1218, con i lavori che finiscono nel 1288.
Una volta terminata e all’apice del suo splendore, l’abbazia era colossale. Diviene ed è ancora oggi, una delle più belle ed interessanti costruzioni in stile gotico cistercense presenti in Italia.
La chiesa orientata ad est, è a forma di croce latina, ed è composta da tre navate imponenti, lunghe circa 70 metri, larghe 22 metri e alte circa 15 metri. Navate divise in otto campate da due ordini di pilastri cruciformi raccordati da archi a sesto acuto. Il coro è quadrangolare e i bracci del transetto sono dotati di quattro cappelle; coro che poteva ospitare più di 50 seggi per i religiosi.
Si inziò a costruire la chiesa partendo dal transetto e dal coro, per poi proseguire con il resto della costruzione. Per l’edificazione furono utilizzate varie tecniche di costruzione, ed in un primo momento furono realizzati gli ambienti monastici come, il lato comprendente la sala capitolare e il grande scriptorium.
Con tutta probabilità questa parte dell’edificio è stata realizzata da maestranze provenienti da Pisa, come ci fa pensare osservando la conformazione degli archi e l’utilizzo di attrezzi particolari utilizzati per pareggiare le pietre.
In un secondo momento maestranze provenienti da Siena, si occuparono di completare la chiesa, terminando la facciata e costruendo la parte settentrionale dell’edificio.
Attorno all’Abbazia di San Galgano nascono anche varie attività che servivano al sostentamento della comunità, così isolata nel cuore della Toscana medievale.
C’erano fucine per la fusione e la lavorazione dei metalli estratti dalle vicine colline di Montieri. Metalli utilizzati per il conio di piccole monete. I vescovi di Volterra infatti, concessero all’Abbazia, il privilegio di ospitare il conio di stato. Erano presenti inoltre, fornaci per la terracotta, cartiere e concerie.
Dalla metà del 1220 l’Abbazia di San Galgano inizia una lenta e costante decadenza. Una delle cause, fu il trasferimento dal 1252 al 1375, dei monaci di San Galgano a Siena, per occuparsi di amministrare le entrate e le uscite dello Stato senese, e a dirigere l’opera del duomo di Siena.
Altro motivo che contribuì alla decadenza del luogo, fù il trasfrimento dell’amministrazione delle fattorie che sorgevano nei pressi di San Galgano, dal monastero a Siena.
Ci furono poi nel 1364 varie incursioni, ad opera di compagnie di venutura provenienti da Firenze, che depredarono San Galgano.
Ma la vera rovina per l’abbazia arriva all’inizio del XVI secolo. Il Papa Giulio II, con una legge, detta la “commenda”, in pratica toglie la completa gestione e amministrazione dell’Abbazia ai monaci cistercensi, per affidarla ad abati non appartenenti all’ordine, non eletti dai monaci ma nominati dalla Santa Sede, né residenti nel monastero. Questi avrebbero percepito le rendite dell’abbazia, sfruttandone i beni, a scapito dei monaci e della
disciplina monastica.
Ci sono stati comunque alcune gestioni da considerare postive, come quella ad opera del cardinale Giovanni Francesco Commendone, nella seconda metà del Cinquecento, che fece eseguire molti restauri.
Il cardinale Francesco Maria de’ Medici che, fra la fine del Seicento e inizio Settecento, che cercò di risollevare le sorti dell’abbazia affidandola prima ai vollombrosani e poi ai francescani.
Intono al 1720 poi, il cardinale Carlo Agostino Fabroni, fece costruire una grande e florida comunità vallombrosana.
Con trame di palazzo poi, il cardinale Giuseppe Maria Feroni riesce a far ottenere al fratello la concessione dell’abazia in perpetuo per lui e per i suoi discendenti. La gestione dei Feroni, fu disastrosa, vendettero perfino il piombo con cui era costruito il tetto.
La fine dell’abbazia arriva nel 1786, quando un fulmine colpisce il campanile della chiesa che crolla sulle volte, distruggendo completamente il tetto.
I monaci sono quindi costretti ad abbandonare il luogo per tornare a Montesiepi, cosa che consente ai Feroni di divenire gli unici proprietari di San Galgano.
A seguito di ciò nel 1789, il vescovo di Volterra decreta la profanazione del Monastero, ed istituisce la pieve di monte siepi che affidata alla diocesi.
Come era e come è oggi l’Abbazia di San Galgano
Vediamo nel dettaglio come era in origine di San Galgano, e quello che ne rimane oggi, ovvero lo scheletro della Grande Abbazia Circestense e l’Eremo o Rotonda di Montesiepi dove si trova la Spada nella Roccia.
Chiostro
Il chiostro della chiesa si trovava sul lato sud e occupava quasi tutto il lato e una parte di edifici che oggi non esistono più. Si possono ammirare degli uncini in pietra posti lungo tutto il perimetro della costruzione, dove risiedeva la trave principale che sorreggeva il chiostro e una parte delle pareti perimetrali intervallate da bifore con archi sorretti da coppie di colonne.
Aula capitolare
Da una grande porta con arco a sesto acuto fatto da pietra e mattoni rigati, si accede ad una grande sala con volte a crociera. Questo ambiente veniva utilizzato dai monaci come luogo di incontro, dove discutere di questioni non prettamente legate alla chiesa.
Ai lati della porta di ingresso, ci sono due bifore con archi più larghi alla chiave rispetto all’imposta che poggiano su coppie di colonne sormontate da un capitello in pietra.
Le tecniche costruttive, così come le decorazioni e i particolari del prospetto esterno sono un chiaro esempio di quella che era l’architettura in Valdelsa, nei territori di Volterra e Siena, nella prima metà del XIII secolo.
La sala al suo interno ha uno stile chiaramente cistercense, con le due colonne centrali e i capitelli in pietra. Le pareti della sala erano imbiancate con la calce e con varie decorazioni, come si evince da alcuni frammenti di rivestimenti che hanno resistito alla decadenza del luogo.
Interno della Chiesa
Come già anticipato nell’introduzione dell’articolo, la Chiesa è a forma di croce latina, con una lunghezza di 70 metri e con le navate larghe 22 metri. L’orientamento dell’edificio segue i criteri dei monasteri medievali con l’abside rivolta a Est e la facciata a Ovest. Originariamente la chiesa era coperta da volte a crociera separate da travi in pietra dove sopra si sviluppava il tetto.
L’abside, con semplice forma quadrata, adatta ad ospitare un coro in legno, ha sei monofore ogivali con al centro un grande occhio rotondo. In epoca passata conteneva un rosone in pietra a forma di fiore a 12 petali.
Nella navata sinistra sul capitello del primo pilastro è raffigurata un corpo umano; la tradizione vuole che si tratti del maestro intagliatore di pietra Ugolino di Maffeo. Le finiture e lo stile dei capitelli, in totale sono circa cento, evidenziano la maestria degli scalpellini che le realizzarono.
La copertura della chiesa fu distrutta come abbiamo già detto, a causa del crollo del campanile avvenuta nel gennaio del 1786, a causa di un forte temporale. Crollo che avenne durante la celebrazione della messa, e monaci e fedeli riuscirono a salvarsi quasi per miracolo.
La Sacrestia
Due porte si aprono sul lato sud del transetto; una in comunicazione con il primo piano del monastero, permetteva ai monaci attraverso una scala che oggi non esiste più, di andare dai dormitori direttamente alla chiesa.
L’altra porta rimanda alla sacrestia. Dopo l’abbandono del monastero, veniva utilizzata prevalentemente come falegnameria. Ha forma rettangolare ed è coperta da volte di mattoni a crociera. Sulla parte ricostruita dopo il crollo del campanile, c’è una finestra a sesto acuto.
La Sacrestia, insiemo allo Scriptorium, sono gli unici due ambienti che ad oggi conservano tracce delle decorazioni che originariamente adornavano gli interni di San Galgano.
Le volte e le costolature sono rivestite con un fine strato di intonaco decorato con semplici figure geometriche quadre, contornate da da sottili balze ornate a false tarsie e con una serie di racemi vegetali, con tonalità di colore verde, giallo e rosso.
La Biblioteca e lo Scriptorium
Uscendo dalla Sacrestia, attraverso una piccola porta si accede alla Biblioteca, un piccolo ambiente che veniva molto utilizzato dai monaci. Uno degli ambienti più grandi rimasti, di quelli che in origine formavano l’Abbazia di San Galgano, è lo Scriptorium, luogo dove ci si occupava della copiatura dei volumi.
E’ un grande salone di forma rettangolare, diviso da quattro pilastri quadrati centrali dai quali partono le volte a crociera. Anche lo Scriptorium originariamente era imbiancato a calce. Negli anni ’70 del novecento, il rivestimento di alcune volte e delle decorazioni dello Scriptorium sono state restaurate.
La Spada nella Roccia
Durante la visita a San Galgano, oltre alla grande Abbazia sopra descritta, è d’obbligo visitare anche la famosa spada nella roccia toscana. Spada che è conficata su di una pietra nella Cappella dell’ Eremo di Montesiepi, a poche decine di metri dall’Abbazia di San Galgano.
Ma chi ha conficcato la spada nella roccia e quando?
Secondo la leggenda a compiere il gesto è stato Galgano Guidotti, cavaliere nato nel vicino borgo di Chiusdino. Galgano nel 1180 ha una visione di San Michele e decide quindi di abbandonare la vita dissoluta che conduceva.
Conficca la spada nella roccia per non usarla mai più. Da questo momento in poi trascorrerà vita eremitica in una capanna dove oggi sorge la Cappella di Montesiepi con la spada nella roccia. Questo gesto è stato il primo miracolo noto di San Galgano (ne sono poi documentati altri 18) e, ad oltre 800 anni, il miracolo della spada conficcata nella roccia è ancora oggi visibile.
Alcune decine di anni fà, una persona cercando di emulare le gesta di Re Artù, cercò di estrarre la spada rompendola all’altezza dell’elsa. Dopo quel gesto è stata installata una teca di vetro per proteggere la spada.
Visitare San Galgano e la Spada nella Roccia
Le informazioni che ti servono per visitate San Galgano e la Spada nella Roccia
San Galgano e Spada nella Roccia orari
Le visite all’Abbazia di San Galgano e alla Spada nella Roccia sono consentite tutti i giorni senza bisogno di prenotazione, con i seguenti orari:
- Novembe – Marzo dalle ore 09:00 alle 17:30
- Aprile, Maggio e Ottobre dalle ore 10:00 alle 18:00
- Giugno e Settembre dalle ore 10:00 alle 19:00
- Luglio e Agosto dalle ore 10:00 alle 20:00
Costo Ingresso
Prezzi per la visita del complesso monumentale di San Galgano e la Spada nella Roccia:
- 5,00 € Intero
- 4,00 € Ridotto (fino a 18 anni, oltre i 65 anni, gruppi sopra ai 20 elementi, studenti con tessera universitaria)
- 15,00 € Famiglia (2 genitori + 2 figli)
- Gratuito per i residenti del Comune di Chiusdino, bambini fino a 6 anni, accompagnatori di disabili e guide turistiche.
Per maggiori informazioni contattare il Comune di Chiusdino:
- Tel: 0577049312
- Tel: 0577756738
Abbazia di San Galgano come arrivare
Automobile
L’Abbazia di San Galgano si trova a circa 20 km a sud di Siena, e l’auto è il mezzo più comodo per raggiungerla.
Da Siena o da Grosseto percorrere la SS223 Siena-Grosseto e raggiungere il bivio per Monticiano, proseguire poi per circa 6 km in direzione Chiusdino – San Galgano seguendo le indicazioni stradali. Arrivati è possibile parcheggiare a poche decine di metri dall’Abbazia nei parcheggi attrezzati dal Comune.
Treno
Non ci sono linee ferroviare nei pressi di San Galgano, le stazione di riferimento sono quella di Siena e di Grosseto, da dove poi prendere un secondo mezzo di trasporto. Meglio l’auto.
Autobus
Non esiste una linea diretta di autobus da Siena che porta al complesso di San Galgano, ma prendendo la linea 116 dal Terminal Pescaia a Siena, si raggiunge Chiusdino, e da qui a piedi o in bicicletta si raggiunge l’Abbazia percorrendo 5 km immersi nella natura.
La mappa
Nella mappa potete trovare, le indicazioni e le foto sui posti più belli di San Galgano, i parcheggi per auto e camper, e le strade per raggiungere l’Abazzia.
Bibliografia di riferimento
L’articolo è stato scritto facendo riferimento alle seguenti fonti bibliografiche:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana.
Archivio di Stato di Siena, Archivio della Biccherna del Comune di Siena. Inventario. (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XXII), Roma 1953.
N. COCO, La spada nella roccia ed i luoghi della beatitudine. Il ‘caso’ di S. Galgano da Montesiepi, Roma 1986.